LA FERITA DELL’ ESSERE UOMO
Con l’espressione ‘non amato’ intendo la sensazione di non essere amato che c’è alla base dell’incapacità di vivere di una persona. Si definiscono non amati coloro che, in un momento critico dell’esistenza, in genere durante l’infanzia e l’adolescenza, hanno avuto con l’amore un’esperienza traumatica, che si è radicata nella struttura della loro personalità e ora condiziona e influenza tutte le relazioni affettive.
E’ quanto avviene in tutti i più profondi disturbi psichici.
Questa sensazione viene repressa proprio in quanto decisiva.
L’intensità con cui si manifesta varia a seconda della gravità dell’evento infantile che l’ha originata, della predisposizione della persona e dell’attuale situazione di vita.
La ferita dei non amati è la causa di una carenza di “fiducia di base”: se vogliamo guarire questa èa quella che dobbiamo rivolgerci.Vi sono persone che, nel corso di tutta la vita, non riusciranno mai a pensare e tanto meno a dire: “Mia madre non mi ha mai amato”, oppure: “Mio padre non mi ha voluto bene”, o semplicemente:”non sono amato”.
Una frase come questa, terribile, distruttiva, non può affiorare neppure nel silenzio di un dialogo interiore. Eppure, la sua fondamentale verità cerca incessantemente di esprimersi.
Poiché la via più breve, quella della esplicita affermazione, le è preclusa, la vaga consapevolezza del proprio ‘essere non amato’ si apre complicate via d’uscita. Tuttavia, la carica di energia è più forte di ciò che possono esprimere le parole.
E così, proseguendo nel nostro tortuoso cammino, ci nascondiamo la chiara, semplice verità: :”Non sono stato amato e continuo a non esserlo.
E’ una verità che vale anche per chi è stato amato troppo o nel modo sbagliato.
La carenza d’amore si cela dietro molte maschere.
In un senso profondo, che in seguito chiarirò, questa verità vale anche per coloro che sono stati amati ‘a sufficienza’. La ferita del non amato è la ferita dell’essere uomo.
Dobbiamo occuparci principalmente di ciò che ostacola l’amore, delle circostanze in cui l’amore viene ferito.
L’influenza della ferita sull’affettività della vita adulta
Dai nostri rapporti affettivi in età adulta è possibile dedurre in che modo non siamo stati amati durante l’infanzia. Chi sa decifrare lo schema comportamentale dei non amati riesce a trarre informazioni sul genere di ferita . Se non siamo stati amati non ci amiamo. L’incessante ricerca della madre in ogni persona che il non amato avvicina, aspettandosi il riflesso dell’amore per lui nei suoi occhi. Da questo atteggiamento derivano dipendenza affettiva e incapacità di vedere e considerare il partner come un altro individuo. La ferita dei non amati si esprime nella dolorosa sensazione di essere respinti anziché amati.
Di frequente, tuttavia, questo sentimento si rivela irrealistico: spesso i non amati, vengono amati e accettati non meno di altri. Finché dura, la sensazione di non essere amati quando in realtà è vero il contrario: è indice dell’incapacità di amarsi.
-Ancora la persona sbagliata! – Pur di essere amato – Io ti amo, amami anche tu – non credo che tu mi ami – tutti mi amano – non mi ami mai abbastanza – sempre un po’ troppo tardi – ti compero – tutti mi amano –
Per superare il trauma della carenza d’amore nell’infanzia bisogna dare spazio alla fantasia che manca.
La più belle e ricca fantasia mitologica sulla compensazione di un’antica ferita d’amore è la storia del gioioso esilio di Krishna, il divino fanciullo. Minacciato da Rama, egli trascorse la propria infanzia presso i guardiani di vacche, creature che rappresentavano il mondo naturale e l’elemento materno. Per anni e anni, Krishna non fece altro che giocare e suonare il flauto.
Quando la ferita psicologica non è troppo profonda, il bambino non amato trova nel gioco la libertà per la propria vita.
Nella terapia di persone profondamente ferite, incapaci di giocare, è importante creare uno spazio sempre maggiore per il gioco: anche la terapia è gioco.
I giovani eroi hanno in sé qualcosa di imprevisto, rispetto al comune stereotipo del bambino.
Talvolta soffrono di una deformazione fisica, come Edipo, il cui nome significa ‘piede deforme’, o come Pan,bambino prodigio con piede di capra e provvisto di corna, o ancora come Priapo, il cui corpo era un unico simbolo fallico: la grossa lingua, il robusto ventre e un enorme fallo che cresceva al posto della coda.
I genitori non vogliono identificarsi con bambini così diversi. L’anormalità di Edipo ci richiama ai lati più distorti della nostra natura. La grande vicinanza di Pan all’animalità, all’istinto, all’estasi mette in discussione la rispettabilità e la mortificazione della carne nella quotidianità. L’eccezionale potenza riproduttiva e la creatività di Priapo sconvolgono l’equilibrio psicologico.
Si prendono le distanze da questo bambino così diverso dagli altri, gli si nega l’amore per paura di essere trascinati nel vortice di una straordinaria vitalità che turberebbe l’apatico procedere di una vita regolata.
I genitori ‘normali’ fanno il proprio dovere nei confronti di questo bambino, ma questo non è sufficiente: un bambino dotato di una maggiore capacità di amare ha bisogno di un amore più grande. Ha bisogno di più, poiché è di più. Se riceve di meno, non ha abbastanza. Come in tutti i rapporti umani, nel rapporto dei genitori con un bambino particolare c’è la tirannia del più debole sul più forte, il più debole cerca inconsciamente di ridurre il più forte al proprio livello: se poi vi riesce, finisce per disprezzarlo in quanto immagine riflessa della propria debolezza. I genitori che sono riusciti a distruggere i propri figli li trattano poi come poveri pazienti.
In questa lotta di potere con il proprio figlio, in genere i genitori trovano minori difficoltà di quante non ne trovi, per esempio, un uomo che lotta contro la moglie o una moglie contro il marito, cioè quando entrambi i contendenti sono adulti. In effetti, conosco adulti che continuano ad essere sopraffatti da rabbia e amarezza quando ancora una volta, come nell’infanzia, cercano inutilmente di scalfire l’indistruttibile fortezza occupata da un padre o una madre indifferenti.
Non sono soltanto le persone ferite in tenera età a dover rinunciare all’amore parentale. Questa rinuncia è il risultato della spinta di ognuno verso lo sviluppo e l’autonomia.
Come scrive Jung in simboli della trasformazione, è necessario “che tutta la libido vincolata ai legami familiari sia ritirata dalla cerchia più ristretta e trasferita a quella più allargata.
Molti hanno la sensazione di non essere amati perché non sono capaci di amarsi.
Se smettessero di tormentare la ferita del non amore, questa guarirebbe più velocemente.
L’istinto evolutivo porta alla rinuncia ad un tardivo amore parentale, l’aspettativa del quale non nutre ma paralizza l’adulto.